Con il libro "Letteratura d'evasione" scavalchiamo la soglia del luogo che, più fra tutti, la libertà teme. Ed ecco uno scorcio della prigione italiana
Gli autori di questo libro, Letteratura d'evasione, sono quattordici persone di cui non conosciamo il volto ma soltanto il nome. Vivono nello spazio cementizio, tutto muri e finestre alte, che la libertà teme di più: il carcere. Sì, il volume edito da Il Saggiatore, sugli scaffali delle librerie dal 17 febbraio, è un racconto scritto a mano da una schiera di detenuti che rispondono a più domande: com'è la prigione? Uno sguardo da dentro? Uno sguardo da fuori? Se potessi rinvertarti, chi saresti? E il foglio bianco si materializza nella libertà. Perché con spontaneità - senza stare al cospetto di alcun guardiano legislativo - la penna a sfera scivola sulle pagine noncurante della lingua, conquistando un'indipendenza brillante. E non solo. Un diario, un esercizio letterario dove la bellezza risiede nell'errore (anche ortografico), una raccolta di mappe urbane fra capo e coda, autobiografie brevi: Letteratura d'evasione è uno spazio di confronto aperto e non chiuso, coraggioso e non fragile. Tutti i testi sono il frutto di un laboratorio di stampo sociale, tenuto nel carcere di Frosinone, guidato da Ivan Talarico nell’ambito del progetto "Fiorire nel pensiero" - curato e ideato da Federica Graziani per l’associazione A Buon Diritto. Il messaggio? La letteratura è un campo di libera espressione. "La scrittura è anche questo: una serie di contrazioni più o meno frequenti fino a un parto continuo, una spinta per uscire, una forza che può far andare fuori di testa, ma quando la testa è fuori vuol dire che manca poco all’uscita, a quel parto che può voler dire anche me ne vado, viaggio, stra-vagando in lungo e in largo e soprattutto in alto, dove fate stare il lettore che vi pedina al volo parola per parola. E mi chiedo: quanto fa parola per parola?", scrive Luigi Manconi, nella prefazione al volume. Quando qualcuno che non ha voce la riacquista, è un piacere ascoltare. E, allora, lasciamo pure che parli. "Scrivi una recensione della cella in cui vivi, come se fosse una camera d’albergo da consigliare o sconsigliare a qualcuno. Racconta di che posto si tratta, come sono le altre persone che ci vivono, descrivi la cella, i servizi, il posto in cui si trova, come si mangia, i pro e i contro. Se vuoi dai un voto finale da 0 a 5 stelle".
Devo dire che la suite 18 della sez. 8 è molto accogliente e molto attrezzata. Possiede un bagno discretamente accomodante, ma impreziosito da poster che lasciano sfiorare immaginazioni a dir poco osé, per poi passare alla cucina. Una cucina ben attrezzata, dove poter dar sfogo alla propria creatività e riscoprire i vecchi sapori penitenziari oggi molto ricercati. Per non parlare della zona notte, composta da un letto a castello, dove in caso di necessità ci si può accomodare per lunghi pernottamenti. La persona con la quale condivido questa suite è una persona molto ospitale, divertente e un ottimo amico. Ecco, ho pensato di togliere una mezza stella solo per i continui gas di scarico, dovuti a qualche fagiolata di troppo. Si trova nella zona residenziale di C.C. Frosinone, una zona abitata da liberi professionisti in carriera. Il cibo è la parte che preferisco, perché è composto da una dieta mediterranea ricca di verdure e ogni tanto – molto spesso – dolciumi. I vantaggi: posso osar dire che si sta in gran tranquillità e, come difetto che i pernottamenti, come da contratto, sono molto lunghi. Ermal Gripshi"
Iniziando ho una finestra senza manico e l’ho accroccato con una manopola del fornello. Prima non gli davo nemmeno una stella, ora mezza se la merita. Per il suo piccolo dovere, al televisore do tre stelle, perché ho notizie del mondo esterno e soprattutto il canale cielo, che di notte trasmette i miei programmi preferiti, un po’ piccanti. Al bagno do due, per il lavandino che schizza acqua dappertutto. Il wc zero, perché quando mi siedo tocco il muro con le ginocchia. Al letto do tre stelle, perché l’ho confortato con lenzuola di casa e il profumo di mia moglie, così chiudo gli occhi ed esco tutte le notti da lei. Per il resto non lo consiglio a nessuno, tra cancelli e sbarre che a ogni chiusura ti allontanano sempre più dalla civiltà che abbiamo tutti a tre passi… Alla zona do una stella, perché ci troviamo in una vallata piena di umidità, hanno avuto l’idea di costruire questa struttura in una palude. Il cellante fortunatamente non ce l’ho, visto che l’ultimo si è impiccato e sono stato fortunato a salvarlo. Dell’altro meglio che non ne parlo, ridereste di lui fino a dopodomani. El Mehdi Belaabdouni"
"Anno Domini 2020. Recensione della mia residenza protempore in dotazione
Il periodo che caratterizza il mio attuale soggiorno è l’unico in assoluto che non ho dovuto programmare e men che meno prenotare. Quest’ultimo mi è stato procurato d’ufficio, improvviso e imprevisto. Si è subito presentato con una pregevole cortesia di circostanza, oltre a una impeccabile assistenza di trasferimento: austero, blindato e corredato di limousine, rigorosamente «bleu notte». Da subito ha manifestato enorme formale efficienza, dai rigidi protocolli. Raggiunto il centro ricettivo designato, ho trovato un mastodonte giurassico, a ridosso della catena appenninica centrale, dimensionato per circa un migliaio di residenti. Silente e incuriosito entro in un tempio di movenze prefabbricate, dove tutti esattamente adempiono alle loro specifiche mansioni senza esondare dai loro mandati, annullando così ogni possibilità di errore. Inizio a respirare un habitat di antica e consolidata routine, divenuta collaudata prassi. Nel frattempo, raggiungo la reception, dove vengo preso in carico e dotato di ogni oggetto di conforto standard, previsto dal protocollo di soggiorno, che dovrò affrontare. Finalmente raggiungo la stanza assegnata, ove stabilire la mia residenza. Entro dimessamente con tutte le mie poche cose, e inizio a sistemare la mia piccola logistica, consistente nel bagaglio essenziale acquisito. Alzo lo sguardo e intravedo la presenza di quattro uomini allocati su due colonne verticali di brande metalliche incastrate a castello, a ridosso del soffitto. Si avviano le rituali presentazioni, per questo alcuni dei residenti abbandonano le loro postazioni in quota e scendono a valle, ove noto una rara abilità atletica, nonostante le loro date di nascita non fossero così vicine ai nostri tempi. In una manciata di minuti riconosco una atipica abitudinaria precaria approssimazione caratterizzata da una bizzarra ricettività pratica, che purtroppo avrebbe fatto parte del mio prossimo percorso. Data la mia veneranda età, mi fanno sistemare a quota zero, evitandomi possibili precipitazioni al suolo notturne. Inizio ad ambientarmi nella quadrimetria complessiva di circa 15 metri del locale in dotazione alla mia comunità acquisita. Unità strutturata in «openspace», che racchiude ogni area destinata alle funzioni giornaliere. In un angolo, massiccio, appare un datato radiatore in ghisa anni settanta, che ha solo la caratteristica pratica di non funzionare, rappresentando esclusivamente il ruolo di arredo urbano. Una serie di armadietti angusti e vetusti rallegrano le pareti, esprimendo il tripudio e lo splendore della fòrmica anni sessanta. Sulle mura perimetrali, in via posticcia e raffazzonata, vedo impiccato di tutto, rendendo le impiccagioni tutte funzionali agli scopi. Dipanandomi in questa consolidata pochezza, registro assoluto il mio dramma dell’inutile scorrere del tempo, del quale ho amara certezza che non avrò più modo di servirmi. Le abluzioni mattutine dei 5 umani argonauti imbarcati sulla triremi alla deriva nel nulla, si espletano su poco più di un metro quadrato, dove il tutto incluso con una maniacale architettura ultra minimalista la fa da padrona, sdoganando la carente dignitosa umana funzione. Due tavoli con diversi lustri di disonorato servizio, strutturati da un obsoleto Pvc, assolvono al meglio ogni giorno alle molteplici esigenze dei rassegnati utenti nella gestione dello spaziotempo trascinato alla meglio, dagli usufruitori; come antica ciurma coatta, a volte pirata, a volte corsara, ove comunque tutti ne fanno utile uso individuale. Gli infissi, baluardo degli eventi climatici, svolgono il loro compito nella maniera peggiore, consentendo alla rosa dei venti di penetrare con prepotenza da ogni punto cardinale, non incontrando nessun contrasto di tenuta termica delle usurate strutture metalliche, rendendo di fatto l’impianto ricettivo alla mercé delle locali temperature autoctone pedemontane, a ridosso della catena appenninica centrale. Commentato quanto sopra, per esprimere una sorta di oggettiva sommaria recensione sulla location oggetto della specifica analisi, in riferimento richiesta, si riscontra inoltre la realtà funzionale e qualitativa assolutamente lontana dagli standard minimi dovuti a una civiltà occidentale. Per adempiere al mandato di descrivere il sito di sopravvivenza, devo assolutamente ricorrere alla matematica dei numeri relativi, assegnando un idoneo «meno sette stelle» al sito ricettivo di riferimento. Considerato che il servizio ricettivo della struttura viene elargito a costo zero all’utenza, non se ne consiglia comunque la frequentazione, suggerendo invece di rimanere lontano dalle diverse utenze residenziali in servizio alla catena presente nell’italico territorio, indicando semplicemente di trovare qualsiasi altra soluzione logistica ricettiva alternativa a quella presa in esame con la presente. Grazie per la cortese attenzione. Stefano Palma"